lunedì 31 dicembre 2018

Il Prof. GRANARA spera sui GIOVANI


Commento: Il Prof. GRANARA conta sui giovani ed è bene. Occorre più attenzione anche da parte dei Cittadini e delle Istituzioni, sui rapporti con la UE. 
                                                                   Ass. Diritti e Doveri

giovedì 13 settembre 2018

Ci scusiamo con i Lettori e col Prof. Daniele GRANARA per il ritardo nella pubblicazione del suo intervento a CA' LUNAE, dovuto ad inconvienti tecnici

Intervento al Convegno “Democrazia è Partecipazione…è Trasparenza…è gioia di vivere” dell’Avv. Prof. Daniele Granara “La forza della Costituzione”, tenutosi al Centro Ca’ Lunae il 1 giugno 2018.


Nello stato di crisi in cui versa il nostro Paese, che coinvolge non solo l’ambito economico e sociale ma anche gli assetti istituzionali, l’unico dato fermo che indica la strada da seguire per non deragliare, nonostante la deriva in cui ci troviamo, è rappresentato dalla Costituzione, quale fondamento delle nostre libertà e del nostro pluralismo valoriale, che ha resistito e resiste da settant’anni ai mutamenti dei sistemi e movimenti politici, dei partiti e dei governi di qualunque natura.

La Costituzione ha disegnato una forma di governo a protezione dei valori liberali e democratici, che ha consentito a tutte le forze politiche (proprio tutte, anche a quelle proclamatesi anti-sistema), di assumere responsabilità di governo e di misurare le proprie linee programmatiche con i problemi del Paese.

Ciò è avvento dall’epoca della ricostruzione dalle macerie della guerra, a quella della trasformazione del Paese, sino ad allora essenzialmente agricolo, in una delle più grandi realtà industriali del mondo; da quella dell’avvento della tecnologia post industriale, con la necessaria riconversione dei modelli produttivi ed i relativi costi sociali, a quella, che stiamo vivendo, della globalizzazione, non solo economica e propria dei mercati ma anche delle persone, cagionando o comunque favorendo l’imponente fenomeno delle migrazioni.

Nonostante tutti questi rivolgimenti, che hanno portato con sé problematiche diffuse ed articolate, la Costituzione è sempre lì ad indicare la strada e a costituire un baluardo per ciascuno di noi.

Malgrado il tentativo, avvenuto nel 2016, di stravolgere addirittura la forma di stato, con modificazioni così profonde da porre in discussione gli stessi principi di libertà, democrazia e sovranità popolare, la Costituzione ha resistito, dimostrando una forza fino ad allora da pochi conosciuta, che è la forza dei suoi principi universali di riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili e delle libertà civili, nonché di una forma di governo quale modulazione dell’esercizio del potere ancillare e strumentale rispetto alla tutela effettiva e costante di predetti principi.

La Costituzione non vuole che essi rimangano sulla carta e costituiscano un elemento astratto e decorativo, ma impone al potere pubblico di uniformare la propria azione a missioni promozionali che rendano effettivi i diritti sanciti dalla Carta, tra i quali emergono sul versante sociale, il diritto alla salute, il diritto ad un ambiente sano, il diritto all’istruzione e sul versante economico, peraltro connesso con quello sociale, il diritto al lavoro e la libertà di impresa.
Di qui i due gravi problemi che costituiscono purtroppo per il nostro Paese i principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi posti dalla Costituzione: il problema dell’Amministrazione ed il problema della Magistratura.

Come si può osservare, non ho indicato quale problema il parlamento, poiché il nostro Paese non ha bisogno di nuove leggi, avendone già oltre 120 mila a fronte di un numero assai inferiore degli altri Paesi avanzati (sempre per quello che valgono tali indicazioni, che appaiono, peraltro, indici di una qualche significatività).

In Italia, come tutti avvertono, non c’è bisogno di nuove leggi né di un riformismo a getto continuo, poichè la vera sfida, finora perduta, è quella dell’applicazione delle leggi esistenti, compito dell’amministrazione e della giurisdizione.
Sotto il primo profilo, la Costituzione prevede che l’azione amministrativa sia improntata ai principi di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.), quest’ultimo declinato dall’art 1 della legge generale del procedimento amministrativo (Legge 7 agosto 1990, n. 241) nelle note tre “E”: economicità, efficacia ed efficienza. Altre tre “E” esprimono l’imparzialità: esempio, equilibro ed equità. La sintesi delle sei “E” integra il principio generale di proporzionalità dell’azione amministrativa rispetto agli obiettivi da perseguire.

Questo la Costituzione vuole che sia l’Amministrazione. Questo, nel nostro Paese, l’Amministrazione non è.

Donde il grave problema di un apparato amministrativo autoreferenziale, che non si pone come dovrebbe, in ossequio ai predetti canoni, al servizio dei cittadini e degli operatori economici ma che in ragione della sua deprecata autoreferenzialità, non di rado, traligna in irresponsabilità, ostacolando ingiustificatamente tante buone iniziative di rilievo economico e sociale e favorendone talvolta di dannose.

Se un certo grado di inefficienza amministrativa, seppur censurabile, può tuttavia essere sopportato durante periodi di espansione economica, nelle fasi di stagnazione e peggio ancora di recessione come quella che perdura da un decennio, nessun grado di inefficienza, neppure minimo, è consentito, perchè comporta spese inutili e mancati utili, conseguenze inammissibili in siffatto contesto.

Non solo.

Il Patto di stabilità, che virtuosamente ci impone il Trattato di Maastricht del 1992 per far sì che l’Euro rimanga moneta vera e forte, non svalutabile, ossia il binomio per cui il deficit ed il debito non possono superare rispettivamente il 3% ed il 60% del PIL, con progressiva tendenza, di anno in anno, al pareggio di bilancio, richiede rigore finanziario, che già di per se esclude spese inutili ed ingiustificate e rende più pressante la necessità di buon andamento dell’Amministrazione, come indicato, con straordinaria preveggenza, dall’art. 97 Cost.

Di qui l’incongruenza di qualsiasi affermazione critica nei confronti dell’Euro, che costituisce, con il Patto di Stabilità, da cui è inderogabilmente assistito, l’unico vero argine al progressivo indebitamento del Paese (e quindi al suo fallimento) e l’implausibilità concreta, oltre che la giuridica impossibilità di qualsiasi prospettiva di uscita dalla moneta unica.

Trattasi di una proposta velleitaria che, da un lato, esprime un intento demagogico, come tale censurabile, e dall’altro, ed è più grave, una violazione del principio fondamentale stabilito dall’art. 11 Cost. che sancisce, nell’ambito del principio internazionalista (anche se non di moda in tempi di “sovranismo”, concetto estraneo alla Costituzione, per la quale la sovranità appartiene al popolo e non al governo), che la limitazione di sovranità, a cui l’Italia ha consentito con l’ingresso nell’Euro, sia irrevocabile.
Il secondo problema, sempre nell’ambito applicativo della legge, è quello della Magistratura, soprattutto ordinaria.

La Costituzione prevede per l’ordine giudiziario precise e peculiari garanzie di indipendenza funzionale e strutturale, autonomia e terzietà. Tali caratteri sono indispensabili per assicurare il corretto esercizio della funzione giurisdizionale a tutela dei diritti e degli interessi legittimi (artt. 24, 103 e 113 Cost.)

La delicatezza della funzione richiede che sia esercitata da magistrati preparati ed esperti, ossia dotati di conoscenze giuridiche derivanti da serietà di studi, e di esperienza, che solo l’incedere della vita può dare. Non basta la preparazione ma è necessaria l’esperienza per ben giudicare!

La Magistratura italiana difetta purtroppo, in misura inaccettabile, sia dell’una sia dell’altra, e da qui nasce la sfiducia dei cittadini e degli operatori economici.

Occorre ricostruire una classe di magistrati autorevoli preparati ed esperti, formati da studi rigorosi e da esperienza almeno decennale in campi professionali qualificati, come avviene negli altri grandi Paesi europei.

È evidente che la Magistratura svolge un ruolo decisivo per la garanzia effettiva dei diritti personali e patrimoniali, con rilevante incidenza sulla certezza dei rapporti giuridici, sull’affidabilità degli investimenti e alfine sulla tenuta del sistema economico.

Rendere l’amministrazione e la giurisdizione conformi a Costituzione è pertanto un imperativo ineludibile, per non dire categorico, se vogliamo invertire la rotta e traguardare la ripresa.

Avv. Prof. Daniele GRANARA
Docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Genova e di Diritto Regionale all’Università degli studi di Genova e “Carlo Bo” di Urbino